Riders. Aspettando il governo Mymenu chiarisce: “I nostri lavoratori sono autonomi”

La sentenza del Tribunale di Torino che ha definito subordinati i rider di Foodora ha smosso il mondo del food delivery, compresa MyMenu, che ha appena inglobato la bolognese Sgnam

Radio Città del Capo - Riders. Aspettando il governo Mymenu chiarisce: “I nostri lavoratori sono autonomi”

15 gen. – La sentenza del Tribunale di Torino che ha definito subordinati i rider di Foodora ha smosso il mondo del food delivery, compresa la padovana MyMenu, che proprio in questi giorni ha definitivamente inglobato la bolognese Sgnam. “Doveroso sottolineare che la subordinazione non può essere affermato a prescindere- afferma ai nostri microfoni l’amministratore delegato dell’azienda Edoardo Tribuzio – bisogna verificare se esistono i presupposti. Per l’opinione pubblica i rider sembrano tutti uguali, ma bisogna vedere come si configura il loro rapporto di lavoro e come è organizzato. Se il governo dovesse imporre lo stesso contratto dovrà poi controllare che venga applicato da tutti, diversamente verrebbero messe in ginocchio le realtà come la nostra e le altre italiane, più vicine ai lavoratori”.

Questo nuovo capitolo della vicenda rider rappresenta un passo avanti importante che preme sul tavolo fra governo e imprese per arrivare a un contratto definitivo. Dal primo incontro, nel luglio 2018, i gruppi di rappresentanze dei rider hanno chiesto di rientrare nel contratto collettivo nazionale dei trasporti, ma le aziende si sono opposte. Per Tribuzio non è ancora stata formalizzata una proposta da parte del governo, ma fonti sindacali parlano della presentazione di una serie di garanzie da parte di Roma, già rifiutate da Assodelivery, la rappresentanze delle imprese multinazionali.

Nonostante non sia ancora stato trovato un accordo fra le parti, MyMenu ha comunque accolto alcune delle richieste dei suoi lavoratori. “In buona parte delle imprese del food delivery i rider sono autonomi. Non è un mio pensiero – sostiene Tribuzio – è un dato di fatto secondo le norme che regolano i rapporti, certificato dall’Università di Padova”. Il contratto che viene ora applicato è un co.co.co anche per i rider bolognesi, ma “siamo rimasti bloccati a livello contrattuale nell’attesa di una decisione del governo”. Per Tribuzio sarebbe infatti caotico modificare il rapporto lavorativo con i 600 ciclofattorini, sia di propria iniziativa che poi per rispettare gli eventuali nuovi dettami da Roma. Ma l’impresa capofila delle italiane ha comunque concesso un aumento di retribuzione la scorsa settimana, portando a 7 euro netti la paga oraria, poi aumentata dalle varie premialità di consegna. Non per le trattative centrali, ma come risultato del dialogo con i gruppi sindacali dei fattorini. “Hanno presentato in maniera dettagliata le spese che sostengono durante l’attività lavorativa e siamo venuti incontro alla loro richiesta”. Non un vero e proprio aumento di compenso, ma un aggiustamento dei criteri con cui l’azienda valuta gli oneri del singolo rider. “Deve esserci un loro interesse a svolgere questa mansione, che sia per poche ore o pochi mesi”.

E le biciclette? Alcuni rider sono costretti ad affidarsi al bike sharing a causa di una gomma forata o di un furto. Per Tribuzio i margini di MyMenu non sono sufficienti per fornire i mezzi, inoltre “trattandosi di lavoratori autonomi, è una loro scelta quale mezzo utilizzare”. Ma il ragionamento può essere anche letto al contrario: se l’impresa fornisse le bici ai suoi rider, sarebbe poi costretta a considerarli lavoratori autonomi.

di Marcello Caponigri