Le luci di Horn. Al Museo Ebraico lo scienziato che rivoluzionò l’astronomia
Al Meb la storia di Guido Horn d’Arturo, scienziato bolognese perseguitato dal fascismo perché di origine ebraica. Con il suo specchio a tasselli è stato il padre di tutti i moderni telescopi

Bologna, 24 mag. – Astronomo, inventore, amante della letteratura e grande tifoso del Bologna. Sono molti i “tasselli” che compongono la figura di Guido Horn d’Arturo (1879-1967), il protagonista della mostra “Le Luci di Horn. Storie di un astronomo a Bologna” promossa da Sofos, associazione che si occupa di divulgazione scientifica, la società di produzione audiovisiva Ethnos, l’Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica) – Osservatorio Astronomico di Bologna, e il dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 20 maggio al 30 luglio e sarà ospitata al Museo Ebraico di Bologna di via Valdonica.
Nato a Trieste da una famiglia ebrea, Horn approda nel 1911 a Bologna dove si dedica assiduamente alla sua attività di astronomo rinnovando il comparto tecnico della Specola, l’osservatorio astronomico bolognese, e promuovendo la divulgazione dei risultati scientifici ottenuti attraverso la rivista “Coelum” da lui fondata. “Il suo era un approccio attraverso i testi classici – spiega Vincenza Maugeri, direttrice del Museo Ebraico – Horn era un umanista perché era un intellettuale a tutto tondo”.
L’invenzione rivoluzionaria di Horn è lo “specchio a tasselli”. La sua intuizione è stata quella di sostituire i grandi e pesanti specchi monolitici con un insieme di specchi esagonali di piccole dimensioni con i fuochi convergenti nello stesso piano focale, in modo da ottenere un’immagine stellare integrale sommando i contributi di ciascuno specchio. Questo strumento è diventato il modello con cui vengono progettati i moderni telescopi, come l’European Extremely Large Telescope dell’Eso, che sarà operativo in Cile dal 2024, e, il James Webb Space Telescope della NASA, che verrà lanciato nello spazio nel 2018.
La mostra esplora la vita di Horn anche al di là della sua attività in campo scientifico. Questo grazie a oltre 7000 lettere, sia personali che di lavoro, donate dopo la sua morte dalle nipoti alla Biblioteca della facoltà di astronomia di Bologna. Oltre l’amore per Shakespeare e Leopardi e la passione per gli scacchi, vengono esplorate anche le sue origini ebraiche non particolarmente sentite dallo scienziato, che gli costarono però l’allontanamento dall’Osservatorio e dalla sua abitazione a causa delle leggi razziali. Nella mostra sono esposti anche altri documenti, foto, volumi e oggetti provenienti da archivi privati e pubblici. L’ingresso è libero e segue gli orari di apertura del Museo Ebraico.
di Giulia Fini