Non solo Cara. Come funziona l’Hub regionale di via Mattei

E’ un’accoglienza in tre fasi, dall’ex cie alle strutture sui territori fino allo Sprar. Nuovi 60 arrivi dei profughi

Non solo Cara. Come funziona l’Hub regionale di via Mattei

Bologna, 5 ago. – Cominciano i primi turn over all’ex Cie di Bologna. Ieri, 60 profughi hanno trovato accoglienza in via Mattei sostituendo altrettanti migranti “smistati”, dopo un accurato screening sanitario, tra i territori di Ferrara, Parma e Reggio. Al 30 luglio scorso erano 1.533 i migranti presenti nei centri temporanei di assistenza attivati dalle prefetture dell’Emilia-Romagna.

Oggi in Regione c’è stato un incontro tra l’assessore alle Politiche sociali, Teresa Marzocchi, la Prefettura di Bologna, l’Ausl e gli enti locali per un primo bilancio del nuovo centro. Giuridicamente, ci aveva confermato la Prefettura, è un Cara, un centro per richiedenti asilo. Ma l’assessore Marzocchi preferisce che venga chiamato Hub regionale, perché è il primo a proporre un modello nuovo di gestione dell’arrivo dei profughi. La creazione di ‘hub’ (nodi di smistamento) regionali e interregionali è prevista dal Piano nazionale approvato il 10 luglio scorso dalla Conferenza Stato-Regioni-Enti locali.

“In Emilia-Romagna, prima regione in Italia – spiega l’assessore regionale alle Politiche sociali, Teresa Marzocchi – si sta gestendo la sperimentazione di un hub. La proposta di riaprire, grazie alla disponibilità in particolare del Comune, l’ex Cie di Bologna (naturalmente non con funzioni di Cie) è stata accolta dal Ministero dell’Interno, che ha autorizzato provvisoriamente il riutilizzo della struttura per farne un centro di primissima accoglienza”.

E’ un’accoglienza in tre fasi. Tutte le persone destinate all’Emilia Romagna passeranno prima in via Mattei, in cui c’è la fase della prima accoglienza che garantisce vitto, alloggio, la distribuzione del vestiario, prodotti per l’igiene personale, la scheda telefonica. Lì viene fatto lo screening sanitario sulle malattie infettive, gestito dall’Ausl, la fotosegnalazione da parte della Questura, il monitoraggio dei servizi sociali e infine la domanda per la richiesta della protezione internazionale o di asilo (il modulo C3). A quel punto si avvia la seconda fase (in teoria dopo non più di venti giorni), con l’assegnazione di queste persone sui territori, all’interno delle strutture aperte dalle prefetture in collaborazione con gli enti locali. Si resta lì finché non c’è il colloquio con la commissione che deve decidere se accogliere la richiesta di asilo. In questa fase c’è la presa in carico della persona, oltre al vitto, alloggio e assistenza sanitaria anche l’insegnamento della lingua, l’orientamento ai servizi. I tempi di permanenza dovrebbero aggirarsi attorno ai quattro/ cinque mesi. L’ultima fase, in caso di accettazione della domanda, è l’inserimento nello Sprar, il servizio di protezione dei rifugiati.

Chi si vede rifiutata la richiesta può fare ricorso, mantenendo il servizio di protezione, finché non arriva la risposta. Nel caso fosse negativa il migrante non avrà più titolo di restare sul territorio italiano.

La struttura di via Mattei ha attualmente circa 200 posti. “Pochi rispetto alla necessità – rileva l’assessore – ma siamo partiti ugualmente: attraverso il filtro dell’hub si vuole facilitare la fase di arrivo dei migranti nei territori, evitando invii ‘improvvisi’ e non programmati”.

per far entrare a pieno regime l’hub, abbiamo bisogno che ci venga dato il tempo necessario prima di accogliere nuove persone. La situazione è sotto controllo; sappiamo che solo lavorando insieme (e qui, in Emilia-Romagna, riusciamo a farlo, perando in stretto raccordo con Anci ed Enti locali) possiamo garantire risposte adeguate e decorose – ha concluso – all’altezza di un Paese civile”.

Intanto sempre sul tema immigrazione arriva la denuncia dei sindacati: “l’Asp dimezza il personale dello sportello protezioni internazionali”. Dei quattro operatori impiegati oggi, due cesseranno a fine mese. “Si disperdono professionalità che per anni, con contratti sempre precari, quel servizio hanno garantito” è la denuncia che arriva da da Michele Vannini della Fp-Cgil, Licia Di Mase della Fp-Cisl e Stefano Di Petta della Uil-Fpl, che nei giorni scorsi hanno incontrato i vertici dell’Asp Città di Bologna. E che prendono questo come un esempio di come l’azienda per i servizi alla persona stia trattando la questione personale.